2 passi in Italia 2011

Arquà Petrarca

  • Durata:00:02:21
  • Andato in onda:10/07/2011
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Arquà Petrarca è un comune di 1.870 abitanti, della provincia di Padova, ubicato ai piedi del Monte Piccolo e del Monte Ventolone, nei Colli Euganei. Fa parte del Club dei borghi più belli d'Italia. Il toponimo di Arquà deriva dal latino Arquatum o Arquata, che nei secoli, durante la Repubblica di Venezia è stato modificato in Arquada, poi tramutato in Arquà. Nel 1868, in seguito all'Annessione del Veneto al Regno d’Italia si decise di cambiare il nome in Arquà Petrarca, in onore del poeta che vi trascorse gli ultimi anni della sua esistenza. Francesco Petrarca conobbe Arquà nel 1364, quando, per curarsi alle terme dalla scabbia, si era trasferito ad Abano Terme. Nel 1365 il poeta divenne canonico presso la collegiata di Monselice e, quattro anni dopo, Francesco il Vecchio gli cedette un ampezzamento di terreno proprio ad Arquà. Dopo aver sovrinteso al restauro della sua futura dimora (un'abitazione modesta ma decorosa), il poeta si stabilì nel paese nel marzo del 1370. Iniziò allora il suo soggiorno nel borgo medievale, che egli stesso definì «Il mio secondo Elicone». Così viene descritta Arquà al tempo del Petrarca, in un documento conservato nel Museo Civico di Padova: «Vasti boschi di castagni, noci faggi, frassini, roveri coprivano i pendii di Arquà, ma erano soprattutto la vite, l’olivo e il mandorlo che contribuivano a creare il suggestivo e tipico paesaggio arquatense». Una vegetazione e una serenità che probabilmente gli hanno evocato la sua terra natìa, la Toscana, e così decise di stabilirsi in una casa dignitosa che si distingueva certamente dalle disadorne casupole dei contadini e degli artigiani, spesso ricoperte di paglia e con il perimetro in muratura o in legno. Poche di esse, invece, presentavano già la caratteristica recinzione in pietra, a tutela dell’intimità e a contenimento dei terrazzamenti, con l’orto, il viridario o brolo, e a fungere da utile cornice. Nel Trecento i pendii attorno al paese erano costellati di vigneti dalle prelibate uve bianche, in prevalenza garganica e schiava, ma anche moscata, palestra e marzemina: l’ottimo vino che se ne ricavava giungeva fino agli osti di Padova.

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