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L’inversione a “U” da non fare

Soprattutto vicino a un dosso

15-05-2018 16:23

L’inversione a “U” da non fare

 

Chi effettua un’inversione a “U” dove il Codice della Strada lo proibisce, se  provoca un incidente con feriti e morti commette il reato di “lesioni personali”. Lo stabilisce la sentenza 18410/2018 della  Corte di Cassazione, quarta sezione penale,  rigettando il ricorso di un automobilista condannato per lesioni colpose, fatto aggravato dalla violazione delle norme in materia di circolazione stradale.

Mentre effettuava l’inversione a U, l’automobilista non ha visto arrivare un motociclista, che  nell’incidente ha riportato una invalidità permanente del 50%.

In Cassazione, l'imputato lamenta che il giudice a quo, il quale lo aveva ritenuto interamente responsabile per l'accaduto, non avesse valutato la velocità tenuta dalla moto condotta dalla persona offesa, al fine di verificare la presenza di un concorso di colpa: secondo il ricorrente, infatti, sarebbe stata necessaria una consulenza tecnica per appurare se il motociclista, a una velocità inferiore, avrebbe potuto evitare di impattare contro l'auto dell'imputato.

In realtà, precisa la Corte, il Tribunale ha ritenuto che le testimonianze rese in dibattimento e i rilievi fotografici e metrici eseguiti immediatamente dopo l'incidente fossero del tutto sufficienti a escludere che il motociclista avrebbe potuto, marciando ad una velocità inferiore rispetto a quella tenuta, contenere, o, addirittura, evitare le conseguenze dannose subite in conseguenza dell'impatto con l'auto dell'imputato

Secondo la Corte l’imputato ha  messo in atto una condotta di guida  definita “criminale”, effettuando un’inversione a “U” dalla rampa di accelerazione verso la carreggiata centrale, fermandosi di traverso rispetto alla strada e al verso di provenienza del motociclista.

Posto tale dato di fatto incontroverso, precisa la Cassazione, il particolare stato dei luoghi portava a escludere ogni eventuale concorso di colpa della persona offesa, che stava affrontando un tratto di strada caratterizzato da un dosso o ponte, e dunque non aveva la visuale libera per avvistare la manovra dell'automobilista in tempo utile da consentirgli una qualunque reazione di emergenza. Infatti, in uno spazio ridotto di poche decine di metri, solo procedendo a una velocità ridottissima e del tutto impropria rispetto all'andamento della strada percorsa, il motociclista avrebbe potuto contenere i gravissimi danni conseguiti alla manovra oltremodo pericolosa dell'imputato.

 Lo sviluppo argomentativo del Tribunale, pertanto, appare coerente all'esito di una corretta valutazione e ricostruzione logica del materiale probatorio che resiste alle censure del ricorrente, non essendo neppure censurabili in sede di legittimità gli accertamenti di fatto compiuti in sede di merito.

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