ALAN TURING: UN BIZZARRO GENIALE
Le macchine possono pensare? Il Test di Turing e l’intelligenza artificiale
Per tutte le grandi invenzioni è stato così: arriva un tempo in cui in più luoghi c’è qualcuno pronto per quella scoperta. E da lì inizia il contendersi il primato di chi per primo e per la prima volta è arrivato a quel di più, a quella intuizione, a quella visione, a quei calcoli, a quell’esperimento…
E' stato così per la radio, per il telefono e per il computer. E’ stato così per il giovanissimo Alan Turing che poco più che ventenne arriva con la sua tesi di laurea all’idea di computer in senso moderno.
Nell'estate del 1938 scrive a sua madre: “Cara mamma, ho costruito qualcosa tra una lezione e l’altra…diresti che è una macchina per scrivere; in realtà è un marchingegno cifrante, funziona moltiplicando tra loro due numeri binari: uno è un testo in chiaro, l’ altro è la chiave. Il risultato è un testo in codice.”
E' a lui infatti che dobbiamo anche la decifrazione dei codici di spionaggio. Già dai film su di lui apprendiamo il suo ruolo di matematico e logico considerato il padre dell’informatica, anche e soprattutto attraverso il Test di Turing e l’Enigma Machine.
Ancora oggi in tanti studi degli addetti ai lavori si analizza e si utilizza quanto da lui capito, elaborato e messo in pratica come crittografo e crittoanalista. E soprattutto la sua grande intuizione: il bisogno di meccanizzare il processo di calcolo e di creare “macchine pensanti” a imitazione del comportamento umano.